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Condannata dal vizio della lettura veloce a divorare libri su libri mi sono resa conto che mi piace non solo sfogliarli, annusarli, toccarli, prenderli e darli in prestito, rubarli, nasconderli, regalarli... ma persino parlarne fino all'esaustione.

lunedì 1 giugno 2015

La boutique del mistero, 31 storie di magia quotidiana - Dino Buzzati (1968)

Più riguardo a La boutique del misteroDino Buzzati è un mago, ne sono sempre più convinta. Uno di quei maghi di provincia, con il frac un po' liso ma in ordine e i trucchi ben celati nella sua valigetta. Uno di quei maghi onesti, che fanno i giochi con le carte e con il coniglio, che regalano mistero e meraviglia senza farti credere di essere divinità scese in terra. 
Mi sono permessa questa piccola metafora un po' frusta per visualizzare la sensazione che mi dà la lettura di questo libro di racconti scelti dall'autore. Non è una selezione postuma, ma una scelta consapevole di Buzzati per descrivere e circoscrivere i temi della propria scrittura.

Ogni racconto è un piccolo mondo a sé, un'apparizione, un quadretto magico. La magia appare nel quotidiano, quando e dove meno te la aspetti per illuminare o colorare fuori dall'ordinario, ma anche per posare un velo cupo di indefinito e serpeggiante malessere misterioso.

Questi racconti parlano di estenuanti attese di eventi che non accadono mai, dei meccanismi che fagocitano la volontà umana e la trascinano verso la distruzione, dell'incapacità di affrontare la realtà, della morte e del ricordo, di dio e della santità. 

Ho scelto alcuni racconti che mi hanno colpito in modo particolare; non è detto che siano i più belli, ma sono quelli che in qualche modo hanno fatto risuonare qualcosa dentro di me. Ne faccio qui di seguito una piccola carrellata.

Sette piani: questo è il racconto di una serie di minuscole coincidenze che portano al disastro senza che il protagonista abbia alcuna colpa nel precipitare degli eventi. La storia è quella di un uomo con una leggera indisposizione che si fa ricoverare in una clinica che ha il tratto particolare di aver diviso i malati secondo la gravità: al settimo piano sono ricoverati i casi più lievi, al primo piano invece i casi disperati, in mezzo tutte le gradazioni di malessere. Per una serie di sfortunati casi il protagonista scende, senza nessuna colpa o reale peggioramento delle sue condizioni, dal piano meno grave a quello disperato. E' una discesa nell'abisso senza che ci sia un motivo razionale per questa degradazione del fisico e dello spirito e per questo l'ho trovato estremamente angosciante, molto kafkiano.

Eppure battono alla porta: questo racconto ha un sapore gotico: la situazione di partenza è quella di una famiglia raccolta in salotto che passa tranquillamente la serata. La tranquillità però è interrotta da visite sempre più incalzanti di persone che vengono ad annunciare l'aumentare della pioggia e lo straripamento del fiume che, chiaramente, mette in pericolo la casa e i suoi abitanti. Ad ogni visita sempre più preoccupata, la madre si fa schermo con una negazione assoluta del pericolo, come se ammettere il pericolo significasse distruggere l'equilibrio precario di cortesia e urbanità del suo salotto borghese e sembra quasi preferire la tragedia al turbamento dell'ordine. L'ossessivo ripetere della battuta "eppure battono alla porta" rende il ritmo angoscioso e incalzante verso la tragedia, fino al momento in cui si intuisce chi è che continua a bussare, è il rombo dell'acqua della piena che sta travolgendo la casa e i suoi abitanti.

Il cane che ha visto Dio: il tema sovrannaturale ritorna in tutti i racconti di Buzzati e in questo è incarnato in un randagio che segna con la sua sola presenza la coscienza di un intero paese. Mi è piaciuta molto la scelta di affidare lo sguardo di Dio sul paese ad un bastardino smunto che vive per strada e che, forse, non è neppure davvero presente. 

Il colombre: questo è un tipico racconto del mare, un giovane che vede il mitico mostro portasfortuna e scappa per tutta la vita finché, in punto di morte, si fa raggiungere dal mostro per scoprire in realtà di essere fuggito tutta la sua esistenza alla buona sorte. 

Le gobbe del giardino: questo racconto è molto malinconico e fa riflettere sulla caducità della vita e sull'unica vera immortalità dopo la morte, quella nel ricordo delle persone a cui siamo stati cari. La metafora della memoria come giardino in cui i nostri morti creano una gobba più o meno alta e che rende il passeggiare nei nostri ricordi un percorso accidentato e difficile, a cui però nessuno vuole davvero sottrarsi.


Consiglio di lettura: questo libro è per tutti, per riscoprire la letteratura italiana del Novecento che non ha niente da invidiare alla letteratura mondiale.

E io cosa leggo adesso?



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